Come nasce un Caregiver

La voce dell’infermiere suona lontana mentre provo a mettere a fuoco ciò che dice:
“Lei è madre?”
Non capisco cosa mi stia chiedendo.
“Lei ha figli?”
Rispondo di no.
“Da oggi sì, è come avere un bambino”.
Così, il 29 novembre del 2013 sono diventata madre di mia mamma.
Non pensavo di avere figli, o almeno non in questo momento, non mi ero ancora posta la domanda, impegnata ancora a trovare la mia strada nel lavoro e nella vita, con un fidanzato che amavo smisuratamente, ma che aveva dalla sua una buona dose di immaturità. Non pensavo di avere figli e non pensavo in questo esatto momento, così, su due piedi. Soprattutto di mia madre.
Come nasce un Caregiver?

Torta Caregiver

Che poi ho sempre detestato questo paragone, quando annunci che stai per diventare madre tutti sono felici, è una notizia gioiosa, ci sono grandi festeggiamenti, poi hai 9 mesi per metabolizzare il tutto, fare progetti, pensare a come sarà, prepararti, predisporre la casa e tutto il necessario; e quando nasce è già una star, tutti vogliono baciarvi, partecipare a quel momento di gioia, portare in braccio il nascituro.
Qui non è proprio la stessa cosa, il Cargiver viene catapultato in questo mondo nel giro di pochi minuti, senza averne coscienza, sapere cosa fare, cosa comprare, gli adempimenti burocratici da seguire, la casa da rifare, senza nessuno che voglia aiutare e condividere questo triste momento con te, dove anzi vedrai sparire le persone dopo l’impatto di compassione iniziale. Quel momento in cui tutti vogliono farti sapere la loro vicinanza, ci tengono, ma poi si guarderanno bene dall’aiutarti con quel pupo di 80 kg. Giustamente, forse.
Perciò, no, non è la stessa cosa. Anche se rende bene l’idea in termini di dipendenza materiale e affettiva. Sì, sotto alcuni aspetti l'infermiere aveva ragione.
Ad un primo impatto le parole di quell’infermiere non le ho neanche capite bene, cioè le ho sentite, ma non le ho comprese; il suo accento fin troppo coatto e il suo modo un po’ rozzo e diretto, mi avrebbero indispettita non poco nei giorni a seguire. Il classico infermiere che eviti di chiamare, preferendo quelli più gentili e dai modi umani.
Eppure quello è stato l’unico infermiere di cui non ho dimenticato il volto, a cui penso ancora, all’inizio sempre, tutte le sere e poi sempre di meno, ma ecco che ogni tanto la memoria richiama davanti quel volto e mi sembra di essere ancora lì, in piedi, nel buio del reparto rianimazione in tarda sera, mentre la guardo “dormire” stesa sul letto e coperta di fili e tubi.
Così nasce un Caregiver.
Auguri a me, a mio fratello ed a tutti i Caregiver che lottano ogni giorno a dispetto della sanità che non funziona, della burocrazia che non aiuta e di un sistema italico che ci vuole silenziosamente presenti, ma per cui non esistiamo.
Noi oggi festeggiamo la vita. E ogni occasione buona per mangiare un maritozzo con la panna e due cannoli siciliani.

Commenti

  1. Se tu non te ne fossi uscita, un'ora fa su Progetto blog, con la tua lamentela ben scritta, io non avrei fatto click sul tuo nome, e poi click sul tuo blog, e poi click su questo post. Non lo so quanto tornerò, i blogger s'innamorano troppo in fretta, ti dicono che figata torno subito, in effetti le prime settimane li vedi lì intorno come i ragazzetti sui motorini. Poi il silenzio. Spariscono. Non è per cattiveria, col tempo ho imparato che siamo così, seguiamo chi ci acchiappa al momento. Non per cattiveria, per semplice umanità. Ma intanto questo post è uno dei più emozionanti che io abbia letto ultimamente. Punto.

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    1. Maddalena, non so come mi ero persa la notifica del tuo commento e sarebbe stata una cosa imperdonabile. Mi emoziona leggere il tuo complimento e mi trovo d'accordo sugli amori fugaci del lettore, anch'io volo di fiore in fiore a seconda dell'umore e del periodo. Resta il fatto che, a questo punto, sono felice di aver espresso la mia lamentela sulle brutte bertucce che ci circondato e di averti portata a fare le tue belle riflessioni sotto questo post. Grazie.

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